LA DONNA SEME DI FRANCESCO PASCUZZI
LA DONNA SEME
Immagine poetica in versione di racconto breve
Una giovane donna regalò a un uomo un seme.
Si erano conosciuti da poco e quello fu il suo primo omaggio; una sorpresa, semplice come il suo carattere. L’uomo, compiaciuto per questo dono atipico, pensò al fatto di non avere un pollice molto verde, ma accetto.
Guardò il seme e lo mise in un vaso, il più grande della casa, in cui già c’erano una vite canadese e qualche malerba innocua, nata spontaneamente. Pensando che il più fosse fatto si limitò a innaffiare, senza pensare a quello che sarebbe nato. L’acqua fece sprofondare il seme sempre più giù, non si poteva più vedere, la donna e l’uomo si persero di vista.
Sembrava un esito uguale a mille altri, ma lui si sorprese quando si accorse che continuava a pensarla. Era strano per lui, cercava di vivere con leggerezza e i suoi incontri non andavano, normalmente, troppo in profondità. Provava a dimenticarla distraendosi con interessi e relazioni, per qualche giorno lei scompariva dai suoi pensieri ma poi, in modo del tutto naturale, rientrava nella sua mente. Era dentro di lui, come se fosse quello il suo posto.
Dovette, un po’ amaramente, prendere consapevolezza della cosa; la cercava con lo sguardo nei luoghi in cui sapeva di poterla vedere e quando, per caso, la scorgeva si soffermava su di essa, anche se lei non lo guardava, assaporandone con voluttà, goccia a goccia, la sua immagine e la sua essenza. Con un leggero fastidio, come quando si perde una lotta, constatava di amare tutto di lei: i suoi capelli, che fossero lunghi, a caschetto, o col codino durante le giornate afose. Adorava le mani, un po’ tozze e diverse dal suo fisico minuto, i suoi occhi piccoli e furbi, i suoi denti regolari e il suo sorriso. Amava il suo corpo, nudo o vestito che fosse, il seno piccolo e morbido con l’areola grande come un terzo occhio, ricordava un neo sul fondoschiena, cui lei aveva dato un nome femminile, che lo rendeva unico. Le gambe gli facevano simpatia e i piedi, di cui non ricordava la forma, li includeva per tenerezza.
Sentiva il petto scosso da un’emozione quando ricordava il modo frenetico in cui lei faceva l’amore, quello stesso modo che lo infastidiva con altre. Non poteva togliersela dal sangue, che scorreva e diventava un fiume impetuoso quando arrivava vicino al cuore e compiva come un salto proprio lì, davanti a quell’organo che tutti pensano dedicato all’amore, per farlo battere più forte.
Pensò di essere diventato anche lui come la terra del suo vaso, anche dentro di lei c’era qualcosa, il seme che lui aveva dimenticato di curare e che non aveva dato foglie, fiori o frutti, ma che forse aveva continuato a vivere in quelle viscere oscure, diventando un’altra cosa o rimanendo li, fedele a sé stesso, solo per testimoniare la sua presenza.
Sebbene l’uomo amasse la donna, in un certo modo la temeva. Conosceva il suo lato selvaggio e ricordava che lei avrebbe potuto avere per lui una dose di veleno, visto che l’aveva delusa in modo forse imperdonabile. Non sapeva cosa fare e gli sembrò che l’unica cosa possibile fosse dividere il suo cuore in due parti, la sua vita ordinaria e il pensiero di lei. Entrambe gli erano necessarie e avrebbero potuto svilupparsi vicine senza convergere, come le rotaie di un unico binario, percorso ogni giorno da un treno sempre più bianco e sbuffante come stava per diventare la sua stessa esistenza.
Di tanto in tanto guardava con malinconia la terra del suo vaso, con cui condivideva un segreto e un destino, e anche quella donna, quando per caso la vedeva, un po’ imbiancata, sempre bella, con qualche ruga, portata a passeggio da un cane da traino.
Continuò, però, a dare l’acqua alla pianta, testimone di lei e lui insieme, e non penso al futuro, al desiderio di lei, cercando di svuotarsi dalla speranza, chissà che una luce nuova, che non stava più aspettando, trovasse il suo posto. Quel treno andò avanti così, lungo il suo binario, col tempo diventò sempre piccolo, mentre si allontanava un po’ da tutto, e alla fine scomparve alla vista.
Nessuno seppe come fini quella storia, se lei tornò o se il treno prosegui rassegnato la sua strada fino alle nebbie da cui nessuno può raccontare di essere tornato.